10 Giu PROCEDURAL SOUNDSCAPE
Andrea Valle – Giorgio Sancristoforo
Procedural soundscape, ovvero: Ricostruzione algoritmica dell’universo (sonoro)
10 GIUGNO 2020
ORE 17:00 SEMINARIO LIVE SU LEXIA FB
conducono Gabriele Marino e Bruno Surace
Nei 40 anni a partire dalla pubblicazione del seminale The tuning of the world di R. Murray Schafer (1977) la nozione di “paesaggio sonoro” ha incontrato uno straordinario successo, tanto che nell’uso il termine ha ormai un’accezione tanto vasta quanto generica. Eppure, per la scuola canadese e? chiaro che soundscape cattura un analogo acustico di landscape: cio? che vi e? di udibile in un certo ambiente. Ne consegue che soundscape e? termine capitale nel contesto dell’ecologia acustica, un campo di studi che ha una vocazione documentaria, etnografica e conservativa. Detto con le categorie di Krause, il paesaggio sonoro pertiene le dimensioni “geofonica” (il suono del naturale non vivente), “biofonica” (il suono del vivente non umano) e “antropofonica” (il suono dell’umano), e le loro complesse relazioni. Eppure, se si considera il termine “paesaggio”, e? altresi? evidente la sua natura di costruzione semiotica: un paesaggio si definisce attraverso la relazione tra un osservatore e uno spazio, e questa definizione e? evidentemente culturale.
Basti pensare alla pittura o alla fotografia di paesaggio, che si definiscono intorno a un insieme di tratti distintivi (cosa si puo? rappresentare e come lo si puo? fare). Cosi?, con un paradosso fruttuoso, lo studio del soundscape da un lato punta verso un ideale naturalistico, come recupero della immediatezza dell’ambiente sonoro perduto dalla cultura (urbana, moderna, industriale), dall’altro ha ben chiara la necessita? costitutiva della tecnologia per l’accesso al paesaggio stesso: di qui l’attenzione dei soundscapist agli strumenti tecnologici – microfoni, registratori, software e hardware di montaggio, dispositivi di fruizione delle registrazioni ottenute.
Non a caso, la stessa nozione di soundscape da? presto origine alla soundscape composition, che in termini di pratica artistica puo? essere pensata come una sorta di omologo della pittura (o fotografia) di paesaggio. Come noto, la semiotica si occupa di cio? che puo? essere usato per mentire. E dunque questa dimensione costruttiva, che viene insieme innescata dal (e portata al) soundscape, non richiede necessariamente una relazione motivata con il naturale. In altri termini, si possono costruire finti paesaggi sonori: dove l’attributo va qui inteso come “finzionale”.
Giorgio Sancristoforo, musicista e sound designer da sempre a stretto contatto con la tecnologia, ha proposto una challenge, The Great Escape: ha invitato altri musicisti e sound designer a costruire paesaggi sonori realistici, ma con un vincolo tecnico specifico: non usare materiali sonori registrati, ma solo suoni di sintesi. Si tratta cioe? di un vincolo che punta verso il cosiddetto audio procedurale. Discusso per esteso nel contesto del sound design da Farnell in Designing Sound (2010), il termine indica metodi e tecniche per la generazione di suono ambientale ex nihilo. L’ambito di elezione di queste tecniche non e? tanto l’audiovisivo tradizionale (in cui una logica del montaggio da materiali sonori esistenti si rivela ancora funzionale), quanto soprattutto quello dei media interattivi, e in particolare il gaming. Infatti, nel gaming si costruisce un mondo che deve interagire con gli utenti, suono incluso – in tutte le sue caratteristiche (dinamica, posizione, durata, aspetti timbrici, e cosi? via).
In sostanza, nell’audio procedurale si tratta di definire algoritmi per la generazione di un suono “verosimile”. In piu?, nella generazione di un paesaggio sonoro procedurale si aggiunge un aspetto sintattico: si tratta letteralmente di “comporre l’ambiente”.
L’incontro si propone di discutere con Giorgio Sancristoforo, e a partire dal corpus risultante da The Great Escape, questo plesso, quasi barocco, di naturale e tecnologico.